Disabilità e disagio
Con gli occhi dei ragazzi
Dalla scorsa primavera, il venerdì mattina, frequentiamo il centro diurno del “Cardo” a Edolo. Portiamo tamburi, rametti di nocciolo e campanellini, conchiglie e corni sonori, la salvia apiana, l’erba dolce, ciuffi di ginepro nano e radici odorose che, come ci hanno insegnato gli indiani d’America, possono aiutare gli ammalati a trovare la serenità e l’armonia nascoste ed inespresse a causa dell’oscurità prodotta dal dolore fisico e psichico. Quando Cecil Cross, Jim Cross e Justin Cross-Poor Bear ci hanno insegnato alcune delle canzoni che fanno parte della loro tradizione ci siamo resi conto del loro grande valore spirituale e delle loro potenzialità espressive. Cecil, Jim e Justin, membri autorevoli della tribù dei Lakota Oglala nella Riserva di Pine Ridge in Sud Dakota (USA) conoscono la Valcamonica ed il suo grande patrimonio di incisioni rupestri avendo visitato le riserve archeologiche di Foppe di Nadro e di Naquane, il santuario rupestre della valletta di Brata a Saviore, oltre ad alcuni insediamenti preistorici alle cascate del Sellero nella valle di Paisco.
Con Cecil siamo saliti verso la cima del Pizzo Badile Camuno, montagna che lo ha particolarmente colpito per la sua forma molto simile al “MATO TIPILA” (La Casa dell’Orso), montagna sacra a tutti i popoli delle praterie che si trova ad occidente delle Colline Nere. Come per le quattro delegazioni di Apache San Carlos composte da Ola Cassadore, Michael Davis, Raleigh Thompson e Wendsler Nosie (attuale presidente del Consiglio Tribale), provenienti dalla Riserva San Carlos dell’Arizona (USA) ospiti della nostra associazione tra il 1998 ed il 2000, anche per i Lakota i simboli sacri che fanno della nostra valle il primo titolo per l’Italia della “Lista del Patrimonio Culturale Mondiale dell’UNESCO”, testimoniano la sacralità delle montagne camune. Abbiamo fatto, nel corso degli anni, numerose esperienze con scolaresche di Brescia, del basso Garda, di Ghedi e di Valcamonica, con gruppi di genitori e volontari che seguono ragazzi Down in collaborazione con l’ANFFAS (Centro Bresciano Down), così come con la cooperativa FRATERNITA’ di Ospitaletto ed i suoi minori messi alla prova dall’istituto Beccaria di Milano e l’associazione guidata dal dottor Cosimo Calavita, IDEA-SALUTE di Brescia o ancora, con i gruppi di auto-aiuto di Malonno e Darfo in Valcamonica: con tutti abbiamo sperimentato la profondità e la forza emozionale di canzoni che, veri e propri MANTRA, riescono a toccare nell’intimo corde e tasti da chissà quanto tempo sopiti. Sono canti rivolti al “Grande Spirito”, sono manifestazioni di gioia e di ringraziamento, atti di umiltà, richieste di salute e di aiuto sostenute da una ricerca di ritmo e coordinamento che tendono a far pulsare i cuori e le menti dei ragazzi e dei pazienti all’unisono. Anche l’antica lingua Lakota, ricca di sonorità arcaiche, fatta di respiri profondi e di sillabe fortemente aspirate, aiuta a sperimentare inspirazioni ed espirazioni che non fanno parte della lingua o del dialetto usati normalmente.
Gli indiani d’America chiamano “scienza sacra” la medicina volta al benessere ed alla cura del popolo, la malattia non è solo un fatto individuale e, concetto per noi molto difficile da comprendere, non tutti i malesseri e le manifestazioni patologiche sono necessariamente dacombattere come negatività. Nel loro mondo tradizionale si cerca il significato dei segni impressi nel corpo e nella mente degli individui e quella che noi chiamiamo follia, alienazione o devianza viene considerata spesso come un dono. Dicono che parlano con la voce degli antenati e con la voce del Grande Spirito: per questo sono posti al centro della vita sociale e non solo non ne hanno paura, ma li considerano protettori della comunità. Si è commosso fino alle lacrime Cecil Cross quando, lo scorso anno, si è trovato al centro del cerchio formato da 64 bambini della scuola elementare di Cedegolo che cantavano e suonavano la canzone del ringraziamento, si è considerato benedetto da loro e non osiamo neppure immaginare cosa potrebbe succedere il giorno in cui qualcuno dei nostri amici si trovasse al centro del cerchio formato dai ragazzi del Cardo di Edolo. Quando suoniamo i tamburi e cantiamo le canzoni dei Lakota, un popolo tanto lontano da noi nel tempo e nello spazio, sentiamo di essere dei privilegiati, non solo per i benefici che vediamo prodursi settimana dopo settimana sulla vita sociale dei pazienti del centro diurno: il cerchio viene mantenuto ininterrottamente anche per più di un’ora, sentiamo di essere attesi ed i sorrisi come la commozione di molti di loro ci danno il segno di ciò che succede, ma, cosa altrettanto importante, ci danno la sensazione di essere al centro della ricerca più generale che da quasi un secolo si produce in Valcamonica e che riguarda il passato, ma anche e soprattutto il futuro.
Vorremmo che i responsabili della cosa pubblica in Valcamonica, ad ogni livello, si riconoscessero nello scambio che abbiamo avviato con i nostri amici Nativi nord-americani, ne cogliessero gli aspetti di interesse umano, culturale ed anche di immagine turistica. Siamo convinti che il grande patrimonio culturale ed ambientale della nostra valle possa esprimere tutte le sue potenzialità solo aprendosi e confrontandosi con le tradizioni dei popoli indigeni che nel mondo difendono e valorizzano l’uomo, il suo legame con la natura ed il rispetto per la Terra che dovremo consegnare alle generazioni future.
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